La cronaca di questi giorni ci ha inevitabilmente portat* a riflettere nuovamente sulla strumentalità di discorsi minanti l'autodeterminazione delle donne. La testimonianza di Maria apparsa ieri su «La Repubblica» e la dichiarata intenzione, o meglio, mantenuta promessa, di Roberto Cota di finanziare la formazione del personale del Movimento per la vita rientrano in un più generale quadro di attacco ai diritti delle donne.
Leggendo il j’accuse di Maria, la prima reazione è inevitabilmente stata di rabbia e disgusto. La straniante sensazione di non poter proiettare in un altrove distante nel tempo e nello spazio quanto accaduto in questi giorni, si è sommata immediatamente anche alla solidale immedesimazione con la sua testimonianza. La sua storia non è un caso isolato, di donne come Maria ce ne sono molte altre. A caratterizzarla non è la sua vicenda, ma la sua reazione, cifra della dignità di chi non accetta di essere ricondotta forzatamente al ruolo di vittima né, tanto meno, di carnefice.