Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

domenica 22 dicembre 2013

Spagna, con Rajoy il diritto di aborto torna indietro di 30 anni

Pubblichiamo un articolo tratto da Infoaut sulla nuova legge sull'aborto in approvazione in Spagna in questi giorni - la cosiddetta 'legge Gallardon' - un attacco gravissimo all'autodeterminazione delle donne che riporta le norme sull'interruzione di gravidanza indietro di decine di anni. 

Il governo spagnolo guidato da Rajoy ha approvato nella giornata di ieri (venerdì) un progetto di legge intitolato “Legge organica per la protezione della vita del concepito e dei diritti della donna incinta” che limita fortemente le conquiste delle donne in materia di diritto all'aborto. La nuova legge porta la firma del ministro della giustizia Alberto Ruiz-Gallardón e limita la possibilità di interrompere la gravidanza a due soli casi, ovvero quando la donna è vittima di stupro (e in questo caso sarà comunque possibile solo prima della dodicesima settimana di gestazione e solo se lo stupro è stato denunciato immediatamente dalla donna) o quando è a rischio la sua salute. In tutti gli altri casi e dopo la quattordicesima settimana di gestazione, l'aborto verrà considerato un reato.

La proposta di legge approvata ieri dal consiglio dei ministri, nota come 'legge Gallardòn',dovrà ora passare al vaglio del Parlamento, dove però difficilmente incontrerà ostacoli dal momento che il PP di Rajoy detiene la maggioranza. Viene così abrogata la precedente legge del 2010, varata dal governo Zapatero, che entro la quattordicesima settimana di gravidanza non poneva invece limitazioni alla libera scelta delle donne, anche se minorenni. La nuova giurisdizione, se otterrà l'approvazione del Parlamento, riporterà invece indietro il diritto di aborto, restaurando un regime giuridico peggiore di quello che vigeva 30 anni fa.

sabato 21 dicembre 2013

Contro la violenza maschile sulle donne. Che fare?

Non ci sono ricorrenze oggi, nessuna giornata mondiale da celebrare. È un giorno qualsiasi, di quelli ordinari, di quelli che sui calendari sono contrassegnati in modo anonimo, gli uni uguali agli altri. Per noi la violenza di genere va concepita come un fatto ordinario, lo abbiamo ribadito più volte. E allora ci troviamo a scriverne oggi, ma non per caso. Da pochi giorni il collettivo romano “Cagne sciolte” ha occupato uno spazio per portare avanti un progetto territoriale contro la violenza di genere. Dedichiamo a loro queste riflessioni.

Nel 1975 Silvia Federici e Nicole Cox scrivono un articolo particolarmente importante dal titolo Counterplanning from the kitchen,1 in cui si prendono la briga di chiarire il senso delle lotte femministe per il cosiddetto “salario contro il lavoro domestico” a una sinistra istituzionale e ideologica che non riusciva a comprenderle. Al di là della condizione storica precisa, la proposta di una “contro strategia dalla cucina” – la traduzione è un po' forte, ma non infedele e la formula è chiaramente ironica 2 – coincide con un gesto fondativo. Essa, infatti, risponde alla necessità di costruire un punto di vista politico, femminista e materialista sul lavoro a partire dall'esperienza storica delle donne e, con esso, di completare l'orizzonte analitico marxiano sul nesso produzione-riproduzione.

martedì 17 dicembre 2013

Benvenuto al nuovo spazio liberato da “Cagne Sciolte” contro la violenza sulle donne!

E' con grande entusiasmo che accogliamo e diffondiamo la notizia che a Roma, il 14 dicembre, le Cagne Sciolte, hanno occupato e liberato un nuovo spazio.

Di proprietà del Comune di Roma, un tempo adibito a night club, messo poi sotto sequestro e chiuso nel 2008 per sfruttamento della prostituzione, oggi questo spazio, grazie all'energia e al coraggio di un gruppo di donne, vedrà le sue mura riempirsi di nuovi significati sotto il segno dell'autodeterminazione femminile. 

Tappa e nuovo punto di partenza di un percorso collettivo di liberazione e al contempo presidio permanente di resistenza e lotta contro la violenza sulle donne, questo luogo ha già iniziato a vibrare di nuova e potente energia grazie a chi lo sta costruendo, vivendo e attraversando.

Come Laboratorio Sguardi Sui Generis, compagne, amiche e soprattutto sorelle, esprimiamo piena solidarietà e sostegno alle Cagne Sciolte e a questo rivoluzionario progetto, con la promessa di venire al più presto a viverlo tutte insieme!

Pubblichiamo qui sotto il comunicato scritto a seguito della nuova occupazione!

giovedì 5 dicembre 2013

CECILIA LIBERA! Nessuno spazio ai fascisti!

Durante la mattinata di ieri, studenti e studentesse dell'università di Torino hanno dovuto assistere all'ennesima provocazione da parte dei fascisti del FUAN i quali si trovavano nell'atrio di Palazzo Nuovo con la pretesa di distribuire volantini su austerity e tagli all'istruzione.
Subito si è formato un presidio ben nutrito di antifascist@ che ha intimato più volte il gruppuscolo di fascisti ad andarsene, senza però alcuna risposta. Reazione immediata è stata invece quella della Questura che, senza pensarci due volte, ha schierato due cordoni di celere a protezione del Fuan e ha caricato violentemente e a freddo il presidio antifascista all'interno dell'università. Gli studenti e le studentesse sono stati rincorsi per diversi metri e addirittura fin dentro le aule. Diversi sono stati i feriti e due ragazzi, Cecilia e Carlos, sono stati fermati dalle forze dell'ordine e portati in questura.
Carlos è stato rilasciato in serata con una denuncia mentre per Cecilia è stato confermato l'arresto.

Cecilia ti vogliamo libera subito e di nuovo al nostro fianco nelle lotte!


Laboratorio Sguardi Sui Generis


lunedì 18 novembre 2013

Atti osceni nel mainstream, narrazioni tossiche e realtà di lotta.

Sabato 16 novembre: decine di migliaia di persone attraversano la Val di Susa con un grande corteo No Tav che ribadisce la propria opposizione non solo ad una grande opera inutile ma anche alla militarizzazione pressante che quel territorio è costretto a subire quotidianamente.

Il giorno successivo compare una foto scattata nel corso della manifestazione che ritrae una ragazza mentre bacia la visiera del casco di un poliziotto, schierato assieme al suo plotone a lato del corteo. L’occasione è ghiotta e scribacchini di ogni testata si lanciano subito in fiumi di parole e nell’ennesima narrazione tossica della giornata, volta ad esaltare il gesto come ‘un segno di pace’. Spicca, tra gli altri, un articolo dai toni nauseanti comparso su La Stampa: ecco che in breve il bacio sulla visiera diventa un’immagine-simbolo (di cosa?), un gesto che sospende ‘lo spavento e la paura’ che secondo l’autore regnavano nel corteo, mentre i due soggetti della foto si avvicinano ‘teneramente’.

In mancanza di presunti black bloc da sbattere in prima pagina, la narrazione distorta di una grande giornata di lotta decide così di far leva su quell’immagine, tutto viene ridotto ad un unico gesto isolato assurto ad immagine-simbolo e rappresentato dal mainstream in maniera totalmente avulsa dal contesto. Con un colpo di spugna scompaiono le migliaia di volti che hanno riempito la giornata di sabato, le loro voci, le loro rivendicazioni. Si tenta di ricalcare ancora una volta la retorica (sempre respinta dal movimento No Tav) dei buoni e cattivi, di una piazza fatta di ‘volti d’ira’ contrapposta ad una fatta di ‘gesti di pace’. Ma soprattutto, nelle narrazioni di Stampa e Repubblica scompare il conflitto, l’immagine del bacio diventa simbolo di una conciliazione che metterebbe manifestanti e poliziotti sullo stesso piano, con tanto di evocazioni sessantottine.

domenica 10 novembre 2013

SAVE ZEROVIOLENZADONNE.IT

Pubblichiamo di seguito l'appello ''Save Zeroviolenzadonne.it. Non far chiudere la nostra voce!'' e invitiamo tutti e tutte alla diffusione e al sostegno della campagna per continuare a far vivere questo progetto.


Zeroviolenza.it ha bisogno del Tuo sostegno!

I Media parlano ormai quasi ogni giorno della violenza sulle donne e delle violenze all'interno della famiglia. C'è molto bisogno di continuare a fare pressione perchè le Istituzioni si occupino in maniera responsabile di una questione sociale fondamentale come questa.

La violenza sulle donne e degli adulti su bambini e bambine è una delle prime cause di disgregazione della relazione uomo-donna e di tutte le forme di discriminazione sociale. Ogni donna e ogni uomo devono poter costruire e vivere liberamente -nel rispetto dell'altro- la propria identità personale, sessuale e culturale.

Zeroviolenza continua a fornire ogni giorno una Rassegna stampa su tutte le forme di discriminazione su base sessuale e di esclusione sociale, aggiornamenti, news ed articoli per promuovere una relazione positiva tra uomini e donne di cui c'è molto bisogno, soprattutto nei ruoli genitoriali.

Per questo vogliamo farTi sapere che stiamo portando avanti progetti di formazione ai Genitori e agli Insegnanti delle Scuole materne ed elementari, e progetti rivolti agli Adolescenti delle Scuole superiori.

Ti chiediamo di continuare a sostenerci con 60 euro. Questo ci consentirà di coprire per intero per un altro anno il costo di 10MILA EURO dell’abbonamento del servizio di Rassegna stampa che dobbiamo acquistare.

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martedì 29 ottobre 2013

Notte delle fomne contra 'l Tav

Questo giovedì 31 ottobre ci sarà la prima di una serie di iniziative organizzate delle Donne No Tav che proseguiranno poi per tutto il mese di Novembre: appuntamento alle ore 21 al campo sportivo di Giaglione per la 'Notte delle fomne contra 'l Tav'!
Come sempre...si parte e si torna insieme!
Di seguito pubblichiamo la locandina dell'evento, a breve maggiori informazioni sui prossimi appuntamenti...
Per maggiori info rimandiamo alla pagina facebook Donne In Movimento.
Ora e sempre No Tav!

domenica 22 settembre 2013

Femminicidio: il corpo delle donne e l’emergenza sociale

«Prevenzione e contrasto della violenza di genere»
Una proposta di riflessione sul decreto-legge n. 93

Lo scorso 8 agosto il governo ha approvato un decreto legge piuttosto composito che tratta anchedi violenza sulle le donne. Il giorno seguente – 9 agosto 2013 – le prime pagine dei quotidiani nazionali annunciavano con entusiasmo l’approvazione di un provvedimento contro il “femminicidio”. Ad oltre un mese di distanza, lo scarto che intercorre tra la complessità e l’eterogeneità dei temi su cui si esprime la legge e la sua riduzione mediatica a un decreto compatto contro la violenza di genere merita di essere interrogato nuovamente (1). Nel frattempo, a partire dal 17 agosto 2013, il decreto è entrato effettivamente in vigore.

La prima ragione per cui approfondire la materia e la forma del decreto-legge 93 risiede nel fatto che in regime di governance biopolitica ogni attività di giuridificazione esplicitamente rivolta a soggettività specifiche e incarnate è, in realtà, portatrice di valenze più generali. In fase di crisi, inoltre, la ristrutturazione degli assemblaggi politico-istituzionali attraverso processi normativi parziali e segmentati tende ad assumere forme e modalità particolarmente accentuate. Questa assunzione primaria – che definisce anzitutto un metodo d’analisi – suggerisce una prima questione. Ovvero: qual’è il senso del decreto sul “femminicidio” nel contesto specifico in cui è stato emanato e con le caratteristiche proprie che lo caratterizzano? Il problema è complesso e non prevede una soluzione unica e definitiva. Tuttavia, la sua formulazione permette di confrontarsi criticamente con un regime discorsivo che, in ultima analisi, sembra impedire la messa a fuoco precisa del fenomeno della violenza di genere. Il discorso pubblico sulla violenza – al contempo istituzionale e mediatico, secondo una dinamica di performatività reciproca tra i livelli – si articola attraverso due strategie retoriche, solo apparentemente contraddittorie. Da un lato si registra la ricorrenza a una retorica emergenziale e, per altro verso, si può osservare il ricorso a una sorta di paradigma della “civilizzazione”.

venerdì 9 agosto 2013

Note sui provvedimenti contro femminicidio et alia

8 agosto 2013: il governo approva un decreto sulla sicurezza che tratta, tra l'altro, di violenza sulle donne. 9 agosto 2013: le prime pagine dei quotidiani nazionali annunciano con entusiasmo l'approvazione di un decreto legge contro il femminicidio. Lo scarto tra il fatto e la notizia – oltre al contenuto del decreto stesso – ci spinge a formulare alcune considerazioni, ad impostare un ragionamento che si propone il confronto e il dialogo con altre donne e uomini.

Prima considerazione: chiamare le cose con il loro nome
Il decreto approvato ieri dal governo contempla un insieme di provvedimenti repressivi su vari fronti tra cui, in primis, quello della libertà di contestazione e opposizione alle scelte del governo stesso. Tra i provvedimenti annunciati, infatti, spicca l'inasprimento delle pene per la violazione dei cantieri delle cosiddette “grandi opere” con riferimento esplicito alla questione tav. Questo è un modo (nemmeno troppo raffinato) di attaccare le modalità concrete e vive con cui si esprime il Movimento no Tav e dunque di attaccarlo a priori e tout court. L'attacco risulta così diretto al principio stesso della contestazione e dell'opposizione: si colpisce la parte per il tutto. In via analogica e paradossale è come se, un domani, si vietassero cortei e manifestazioni per ragioni di sicurezza stradale. Proprio in questi giorni, tra l'altro, molti esponenti dei sindacati di polizia e del centrodestra parlano della possibile introduzione del “reato di blocco stradale”, che – attraverso un uso arbitrario e chirurgico delle norme – servirebbe a colpire uno degli strumenti più efficaci di cui la lotta NoTav si è dotata negli ultimi anni. La natura puramente repressiva delle misure proposte è evidente e coerente con l'abbandono definitivo da parte del governo di qualsiasi confronto sul piano della discussione e delle ragioni (sulla questione tav come su altri problemi che riguardano il nostro presente).

domenica 28 luglio 2013

Se non con Marta quando? Se toccano una toccano tutte

Continuano le numerose iniziative di solidarietà a Marta.
Dalle contestazioni al segretario del Pd Epifani a Roma al presidio davanti al Palagiustizia di Torino durante il suo interrogatorio, passando per appelli, lettere e i numerosi messaggi postati sui social network.
In particolare dal nostro blog vogliamo farci megafono di due iniziative promosse dalle compagne di Pisa, alle quali vi invitiamo ad aderire numerose/i.

La prima si può trovare alla pagina Facebook Se non con Marta quando? Se toccano una toccano tutte, che oltre ad essere il titolo della campagna sono anche gli hashtag da utilizzare su Twitter.
E' importante fare capire che quanto é accaduto a Marta ci riguarda tutte e tutti e che di certo non la lasceremo sola.

La seconda é un appello che riportiamo integralmente qui sotto e che mira a raggiungere il più alto numero di firme possibile per ribadire che le violenze e le molestie di quella notte non possono essere né tollerate né messe a tacere, e che dobbiamo tutti/e pretendere giustizia per Marta e sostenerla in questo percorso.

Ciò che ha subito poteva accadere a chiunque di noi.

Siamo tutte Marta!

sabato 27 luglio 2013

Lettera a Marta dal Movimento No Tav

da www.notav.info

Durante l’attacco ai manifestanti No TAV da parte delle forze dell’ordine avvenuto la notte del 19 luglio scorso presso il cantiere della Val Clarea, una giovane manifestante catturata dalla polizia ha denunciato pubblicamente non solo di  essere stata manganellata dopo che il fermo era già avvenuto, ma anche palpeggiata nelle parti intime dagli uomini delle FFOO nonché fatta oggetto di sputi e di pesanti insulti.

Non abbiamo letto una sola riga di indignazione , né ascoltato una sola parola di condanna da parte delle varie personalità femminili  radical chic , sempre pronte a riempirsi la bocca di espressioni sdegnate quando una donna diviene bersaglio della violenza maschile e delle logiche maschiliste.

giovedì 25 luglio 2013

Presidio al Tribunale di Torino per Marta. Ora e sempre No Tav!

Ripubblichiamo le parole che Marta, attivista No Tav brutalmente pestata e molestata dalla polizia dopo essere stata fermata nel corso della passeggiata attorno al cantiere dello scorso 19 luglio.
Domani mattina Marta sarà al Tribunale di Torino per essere interrogata dai Pm Rinaudo e Padalino, gli stessi che da mesi portano avanti un attacco durissimo contro il movimento No Tav. Una prima convocazione per interrogarla in quanto indagata rispetto ai fatti di venerdì notte, una seconda per ascoltarla rispetto alle molestie sessuali subite e denunciate pubblicamente.
Contemporaneamente ci sarà un presidio all'esterno per ribadire una volta di più che Marta non sarà mai sola.
Appuntamento alle 12.30 davanti al Tribunale di Torino.
Se toccano una toccano tutte!
No Tav fino alla vittoria!

Pisa, 25 Luglio 2013
Mi hanno ferita, ma le ferite che fanno più male non sono quelle sulla pelle, ma quelle sottopelle, quelle che non mi lasciano dormire di notte. 
A queste si aggiungono gli insulti gratuiti e vigliacchi scagliati da dietro un pc o dal microfono di una radio.
Lavoro aiutando donne che hanno subito violenza, le spingo a lottare per se stesse, ed ora che tocca a me non mi tiro indietro.
In questi giorni sono state tante le braccia che mi hanno stretto e che mi hanno dato forza.
Il calore della pelle dei compagni e soprattutto delle compagne aiuta a rimarginare ciò che si è rotto. Come braccia strette a cordone che sorreggono e spingono in avanti, a testa alta.
Ringrazio già da ora chi mi è stato vicino e chi lo sarà domani davanti al tribunale di Torino.
Ringrazio le Donne della Val di Susa.

Se toccano una toccano tutte!
Non un passo indietro!

Marta Camposano

martedì 23 luglio 2013

Su quei sentieri c'eravamo tutti/e! Solidarietà a Marta

Venerdì 19 luglio centinaia di No Tav sono tornati a percorrere i sentieri della val Clarea, per contestare un cantiere-fortino emblema della devastazione e della speculazione che la grande opera del Tav porta con sé.
L’odore acre dei lacrimogeni che rendono l’aria irrespirabile e vengono sparati con la chiara intenzione di colpire chi percorre i sentieri è stato spesso sperimentato - in particolare durante questi ultimi anni di lotta No Tav - ma durante l’ultima passeggiata notturna chi difende gli interessi del Tav ed anche chi si schiera per proteggerli ha deciso di andare oltre i già vergognosi e gravi atteggiamenti tenuti dalle forze dell'ordine nel corso di questi anni.
Sono partite cariche a freddo - e di una violenza inaudita - contro chi quella sera affollava la strada di Giaglione; nella fuga sui sentieri 9 persone sono state fermate dalla polizia e sottoposte ad infami accanimenti tra manganellate ed insulti mentre si trovavano già immobilizzate a terra.
Tra di loro c’è anche Marta, compagna pisana attiva da anni su tanti fronti di lotta tra cui quello contro il Tav.
Su quanto accaduto quella sera e sugli arresti che ne son conseguiti ci uniamo alle parole che il movimento ha speso da subito contro una gestione infame della difesa del cantiere e di solidarietà con i fermati.
A qualche giorno di distanza ci preme però tornare sulla vicenda di Marta, che dopo essere stata portata in ospedale e rilasciata con una denuncia, nella conferenza stampa indetta dal movimento il giorno successivo ha denunciato l’orrendo trattamento ricevuto nelle ore in cui si è trovata tra le mani dei celerini: insulti, minacce e manganellate che le hanno ferito un braccio e procurato 8 punti di sutura al labbro. E poi i palpeggiamenti e le violenze perché l’accanimento contro Marta passasse anche per la denigrazione, la molestia sessuale, l’offesa.

lunedì 1 luglio 2013

Donne In Movimento, programma della due giorni al campeggio No Tav

Pubblichiamo il programma della due giorni di iniziative organizzate dalle Donne In Movimento all'interno dell'estate di lotta No Tav.
Appuntamento per sabato 6 e domenica 7 luglio al presidio di Venaus e a Giaglione, non mancate!


martedì 11 giugno 2013

Nel nome del Padre (e della famiglia)


Il discorso del potere differisce dal potere effettivo.
Questo ce lo insegna la filosofia politica e, volendo esplicitare e semplificare il significato della massima, potremo dire che il potere non si racconta mai onestamente. Il problema è più complesso, ma anche sotto questa sfumatura particolare è sufficiente a svelare il paradosso della nomina di Isabella Rauti a consigliera del Viminale per le politiche di contrasto alla violenza di genere e al femminicidio. Ovviamente non è necessario possedere strumenti ad alta precisione di critica politica per mettere in evidenza il carattere volgarmente ideologico con cui, ormai, il potere si auto-legittima in modo del tutto autoreferenziale. La classe politica italiana, infatti, si riproduce per cooptazione parentale o, più in generale, personale e servile come accade tipicamente in tutti gli Stati in cui il processo di modernizzazione tecnico-politica risulta tutto sommato incompiuto. Da questo punto di vista, la corruzione e l'incompetenza strutturale non sono tanto eccezioni legate ai nomi e ai volti di personaggi più o meno squallidi, ma la realizzazione specificamente italiana della forma Stato. Dunque, che Isabella Rauti sia la moglie di Alemanno, e che questo fatto non sia ininfluente alla nomina appena ricevuta, s'iscrive perfettamente nelle dinamiche attraverso cui si riproduce la classe politica italiana. Dinamiche rispetto alle quali non possiamo far altro che lottare ogni giorno, lasciando ad altri/e le indignazioni, gli appelli alla meritocrazia come sistema sostitutivo di produzione delle elite, il sessismo che spesso accompagna la denuncia dello scambio sesso-economico e così via.
Qualcosa, tuttavia, vorremo aggiungerlo.
Anzitutto una nota sul milieu fascista (in senso filologico e non vagamente retorico) da cui proviene la Rauti. La destra di cui la neo-consigliera fa parte, infatti, è una destra tradizionale di esplicita ispirazione fascista e nemica delle donne, tanto per vocazione ideologica quanto per eredità storica. Tra le più brutali forme di violenza connaturate al fascismo, infatti, si può annoverare il tentativo di ridurre le donne a un unico corpo-macchina riproduttore della forza lavoro. Su questo punto, in particolare, la figura di Isabella Rauti esprime una continuità inquietante. La Rauti, infatti, è stata una delle prime firmatarie della legge Tarzia, la legge laziale che permette e favorisce l'ingresso nei consultori dei Movimenti cattolici antiabortisti e integralisti e che – dunque – sottopone le donne che intraprendono un'interruzione di gravidanza a una grave violazione della loro libertà di scelta e, molto spesso, a vere e proprie aggressioni fisiche e verbali. Ogni arretramento in materia di diritto all'aborto, inoltre, implica un aumento vertiginoso delle vittime di aborto clandestino e dunque una crescita della quantità di violenza di genere che – secondo il paradigma menzognero del discorso politico – la neoconsigliera dovrebbe contrastare.

martedì 4 giugno 2013

CORPI REAGENTI: due giorni di sperimentazione sulla performatività dei corpi

A conclusione del progetto 'What's Body?' che abbiamo portato avanti nel corso dell'anno con diversi incontri, vogliamo approfondire il discorso sul corpo proponendo due giornate dedicate alla sperimentazione e alla performatività.
L'evento sarà articolato in due giornate:

- SABATO 15 GIUGNO @ csoa ASKATASUNA (corso Regina, 47)
alle ore 15: laboratorio MY SLUTWALK a cura del collettivo femminista Le Ribellule Collettivo Femminista (leribellule.noblogs.org)
...a seguire aperitivo danzante in compagnia de Le Elettrosciocchine!

- DOMENICA 16 GIUGNO @ circolo Maurice (via Stampatori, 10)
alle ore 15: MASCHILITA' DI CHI? laboratorio di Kinging a cura del Lab. Sguardi Sui Generis
...a seguire merenda queer!

VI ASPETTIAMO!

Di seguito una breve presentazione e alcune indicazioni utili per i workshop programmati per le due giornate:

venerdì 31 maggio 2013

FAMoLo PRIDE: sessualità e famiglie come meglio crediamo!

 “Essere legittimati/e dallo Stato significa entrare a far parte dei termini
della legittimazione offerta e scoprire che la percezione di sé in
quanto persona, pubblica e riconoscibile, dipende essenzialmente
dal lessico di tale legittimazione”.
 ”Interrogarsi su chi desidera lo Stato, chi può desiderare ciò che lo Stato desidera e perché”

Judith Butler

Il Torino Pride del 2013,  che si svolgerà sabato 8 giugno, ha come focus il tema delle famiglie.
Ma cos'è realmente una famiglia?
Se osservata nel tempo e nello spazio, chi la studia ci dice quanto sia difficile darne una definizione precisa:  più semplice appare certamente l'analisi di come si faccia famiglia, piuttosto di quella sul cosa essa sia. A fronte di alcune caratteristiche più o meno indispensabili (solidarietà, aiuto reciproco, sodalizio economico, affetto, (non sempre) sesso, ecc.), le declinazioni appaiono molto varie: storicamente, geograficamente, culturalmente e socialmente definite.

Il movimento gay negli anni '70 si rivelava quanto meno avverso alla famiglia, se non il suo ideale distruttore; oggi quello lgbttqi chiede forse un po' troppo insistentemente di partecipare ad una visione specifica e normativa della stessa, “omologata” e “omologante”? La richiesta è forse quella  di entrare a far parte di quei “privilegi” che una determinata forma affettivo/relazione ben definita (che parte dal duale, dalla coppia adulta), permette di raggiungere, rispetto alle altre?

L'insistenza della richiesta è certamente comprensibile alla luce di  alcuni effetti pratici non facilmente negabili e tanto meno banalizzabili- spesso legati alla vita quotidiana-  che un tale riconoscimento permetterebbe di raggiungere, ben espressi nel documento politico del Torino Pride 2013 e un po' in tutte le piattaforme del movimento lgbttqi degli ultimi anni: riconoscimento bimbi/e per @ genitor@ non biologico, possibilità di adozioni, questioni ereditarie, diritto alla cura e vicinanza al/la partner, ecc.

lunedì 27 maggio 2013

Dominique Venner, il popolo di Le Pen e gli spettri della Republique


Domenica 26 maggio. Questa mattina si è tenuto a Parigi un raduno nazionale di quello spaccato della società francese che da un po' di mesi si oppone all'estensione del diritto di matrimonio e adozione alle coppie gay. Un raduno partecipato, anche se il Milione di presenze rivendicate dagli organizzatori risulta decisamente una forzatura. Tuttavia, in questa sede, non importa misurare la temperatura politica complessiva della Francia (e come sarebbe possibile?), ma fare alcune considerazioni sull'emergenza di un'omofobia di massa su cui è necessario fermarsi a riflettere. Non si può liquidare la questione con indulgenza pensando a qualche coppia di anziani cattolici da compatire. Proveremo a condurre un piccolo ragionamento a partire da un fatto particolare (il diavolo si nasconde nei dettagli).

Appena qualche giorno fa, la cattedrale di Notre-Dame è stata sottratta alla routine del turismo. La cronaca ormai è nota, se non già vecchia: martedì 21 maggio, nel secondo pomeriggio, un uomo anziano si uccide ai piedi di uno degli degli altari di Notre-Dame sparandosi una pallottola in bocca (della reazione del gruppo Femen si dirà più avanti). Il fatto – di per sé non straordinario – acquisisce un interesse specifico non appena si introducono nella narrazione alcune qualificazioni che corrispondono a tre domande banali. Chi era l'uomo? Perché si è ucciso “pubblicamente”? Perché Notre-dame?
L'uomo si chiamava Dominique Venner e aveva 78 anni. Esponente dell'estrema destra francese, soldato in Algeria da ragazzo e poi membro dell'Organisation armée secrète (OAS), l'organizzazione clandestina e criminale che tra il '61 e il '62 si oppose all'indipendenza algerina con atti terroristici e rappresaglie che costarono la vita a oltre 2.000 persone tra uomini e donne in maggioranza algerini/e. Anche dopo lo scioglimento della OAS, l'esistenza di Venner rimane invischiata nell'ideologia nazionalista e colonialista, nel razzismo e l'islamofobia che orientano tutte le scelte politiche e plasmano la sua identità. Un fascista, un uomo la cui morte rappresenta quasi un sollievo. Un vecchio, che dopo una vita spesa a dispensare odio e risentimento, trova un ultimo terreno di battaglia impegnandosi contro la legge francese – approvata in aprile – che estende il diritto di matrimonio e adozione alle coppie omosessuali. Chi era Domique Venner, dunque? Un vecchietto razzista, sessista e omofobo. Non c'è “lato umano”, dettaglio biografico o revisionismo soft post-mortem, che possa opacizzare il giudizio storico e politico su una vita spesa a produrre e diffondere odio.

martedì 30 aprile 2013

What's Body? Il Corpo come Volontà e Rappresentazione.

Terzo incontro del ciclo di seminari "What's Body?".
Dopo l'incontro introduttivo 'Geografie dei corpi' con Marco Pustianaz, e dopo l'incontro "Lavori in corpo" con il Laboratorio Smaschieramenti di Bologna, prosegue la riflessione sul corpo con il terzo appuntamento dal titolo 'Il Corpo come volontà e rappresentazione'.

Intervengono Cristian Lo Iacono e Barbara De Vivo che, attraverso la lente della teoria Queer e dell'intersezionalità, ci aiuteranno ad addentrarci nella spinosa questione della costruzione del corpo e dell'identità, in bilico tra la volontà e l'autodeterminazione da un lato, e la rappresentazione e gli stereotipi dall'altro.


Alcuni suggerimenti bibliografici sull'intersezionalità:

Ahmed, S. (2006), Queer Phenomenology: Orientations, Objects, Others, Duke University Press, Durham.

«Dark Matter», 3, Maggio 2008, numero monografico dedicato alla sessualita postcoloniale http://www.darkmatter101.org/site/category/journal/issues/3-post-colonial-sexuality/

Dorlin E., Performa il tuo genere! Performa la tua razza!, in «Controstorie, Razzismo_Genere_Classe», n.1, 2008.

Kuntsman, A., Queerness as Europeanness: Immigration, Orientialist Visions and Racialized Encounters in Israel/Palestine, in 'Postcolonial Sexuality', Dark Matter, 3, (2008) http://www.darkmatter101.org/site/2008/05/02/queerness-as-europeanness-immigration-orientialist-visions-and-racialized-encounters-in-israelpalestine/

Puar, Jasbir K., Omonazionalismo, Islamofobia e “pinkwashing” e i loro sviluppi recenti, http://www.facciamobreccia.org/content/view/538/1/

mercoledì 17 aprile 2013

Lavori in corpo: produzione, riproduzione e stereotipi. Secondo incontro del ciclo di seminari 'What's Body?'

Dopo l'incontro introduttivo 'Geografie dei corpi' che abbiamo tenuto assieme a Marco Pustianaz, la riflessione sul corpo all'interno del progetto 'What's Body?' prosegue con un secondo appuntamento del ciclo seminariale dal titolo 'Lavori in corpo: produzione, riproduzione e stereotipi'.
Come i corpi vengono messi al lavoro dai paradigmi di produzione e riproduzione? Come vengono messe a valore le differenze? Quali stereotipi si producono attorno al genere e al lavoro?
Questi sono solo alcuni degli interrogativi da cui partiremo per una discussione aperta e condivisa con cui proseguire e allargare le riflessioni iniziate nel corso del primo incontro.
Per farlo ci sarà assieme a noi il Laboratorio Smaschieramenti di Bologna.

L'appuntamento è per lunedì 22 aprile alle ore 17.30 a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche di Torino (via S. Ottavio, 20).


Di seguito una breve bibliografia utile in vista dell'incontro:
- Nuda e illegale contro il capitale di Lab. Smaschieramenti
- Gender and race management in post colonial Italy di Anna Curcio
- La femminilizzazione del lavoro nel capitalismo cognitivo di Cristina Morini
- Biowelfare e donne migranti - intervista a Cristina Morini
Stato, lavoro, rapporti di sesso nel femminismo marxista, saggio di Maria Rosa Dalla Costa in: Alisa del Re, Stato e rapporti sociali di sesso.


Vi aspettiamo!
Laboratorio Sguardi Sui Generis

lunedì 15 aprile 2013

Seminario 'Nazionalismi invadenti: generi, rappresentazione, ruoli'

Mercoledì 17 Aprile, ore 17.30
Aula 9, Palazzo Nuovo. 
Il Laboratorio Sguardi sui Generis presenta il primo appuntamento del ciclo:

"Variabili femministe".
Seminario itinerante ispirato dal libro Femministe
a parole. Grovigli da districare e organizzato da
FemminismItineranti a partire da alcune parole chiave condivise.

"Femministe a parole. Grovigli da districare" 

è il dizionario ragionato costruito attorno ad una
scelta di 49 parole-chiave pubblicato a cura di Sabrina Marchetti, Jamila M.H. Mascat e Vincenza
Perilli, Roma, Ediesse 2012.

FemminismItineranti
è una rete di singole e realtà femministe torinesi nata a partire da incontri, scambi, desideri sollecitati dalla lettura del testo a cui hanno aderito: AlmaTerra, Archivio delle Donne in Piemonte, Centro Studi del Pensiero Femminile, Donne in Nero-Casa delle Donne, Indignate Rosse, L’Altramartedì, Me-dea, SguardiSuiGeneris.

Il seminario itinerante è aperto a tutte e a tutti color* che condividono una prospettiva antirazzista, antisessista, antiomo&transfobica, antifascista.

(Per info e contatti femminismitineranti@gmail.com)


Il primo incontro verterà sulle seguenti parole-chiave:
Classe
Donne di destra
Madre Patrie
Omonazionalismo
Tricolore

Alcuni consigli su letture utili in vista della discussione che si terrà durante il primo incontro:
Un corpo di donna va pur sempre bene – Note attorno all’immaginario della crisi di Uninomade
- COSA SI CELEBRA INSIEME ALL'UNITÀ D'ITALIA? NOTE SUL 17 MARZO
- FALSI AMICI E CATTIVA COSCIENZA. A proposito dei tentativi di impiegare le questioni di genere in chiave eurocentrica e razzista
ICONOGRAFIA DELLA CRISI - Breve incursione nell'immaginario montiano in prospettiva di genere

domenica 7 aprile 2013

Appunti sul seminario 'Geografie dei corpi' con Marco Pustianaz


Pubblichiamo alcuni appunti e riflessioni a seguito dell'incontro seminariale 'Geografie dei corpi' con Marco Pustianaz che abbiamo proposto all'interno del progetto 'What's Body?'. Al fondo abbiamo riportato anche gli audio del seminario e alcuni riferimenti bibliografici utili.
Il prossimo appuntamento di 'What's Body?' è per il 22 Aprile con il seminario 'Lavori in corpo - Produzione, riproduzione e stereotipi' assieme al Laboratorio Smaschieramenti di Bologna...a brevissimo daremo maggiori informazioni e riferimenti sull'incontro!

Cos’è il corpo? La domanda già suona impropria.

Chiedendoci “cosa è un corpo” stiamo oggettivando una parte di noi, come se questa si potesse guardare indipendentemente, o al di là, di quel “noi”. Possiamo? Possiamo scinderci dal nostro corpo ed osservarlo davvero? Con questa domanda, il corpo, lo stiamo rendendo generico? Un generico corpo x ? E perché utilizziamo la lingua inglese? Forse per prender distanza da quel “oggetto”? Da quella domanda?
 ... domanda così diretta da provocar spavento?

I movimenti femministi degli anni Settanta combattevano e portavano avanti le loro istanze proprio a partire dal corpo, dal proprio corpo. Corpi specifici e legati a delle soggettività concrete. Attorno a questi si sviluppavano discorsi a partire da concetti quali l’autodeterminazione, la liberazione sessuale, la riproduzione, la violenza sulle donne. Questi discorsi erano molteplici. La storia del femminismo, o meglio dei femminismi, è storia di provocazioni e, spesso, di contraddizioni, ma è sicuramente in questa storia che nasce l’esigenza di portare il corpo, con i suoi aspetti più intimi e privati, nell’arena pubblica e politica.

Perché oggi riproponiamo una domanda così esplicita sul corpo? Quali sono le nostre esigenze? Dove avvertiamo delle problematicità attorno a questa parola, tanto da spingerci ad interrogarci su di essa?

Come Laboratorio Sguardi Sui Generis siamo convinte che la provocatorietà insita nel modo e nel fatto stesso di porre una simile domanda, ci appartenga, oggi quanto ieri. Infatti in un oggi dove la sanità, il lavoro, l’istruzione, la cultura vengono smantellati ogni giorno di più, i nostri corpi, proprio i nostri, perdono diritti: diritto di ammalarsi; di riposare, di disporre di sé, di aver coscienza di sé e degli altri.

martedì 12 marzo 2013

"Geografie dei corpi": primo incontro seminariale di What's Body?


What's body? questa domanda potrebbe suonare banale, eppure non esiste una risposta univoca, chiara e chiarificatrice...

Il progetto attorno al corpo prosegue. Dopo vari incontri, alcuni di pura discussione, altri organizzati attorno a un tema specifico organizziamo una serie di seminari che si propongono di indagare i corpi da diverse prospettive. Scegliamo una riflessione collettiva perché siamo convinte che la scelta di cosa fare del proprio corpo non sia soltanto individuale ma chiami in causa gli altri: le relazioni, gli affetti, i desideri, la politica, i conflitti...
A partire da noi, quindi dai nostri corpi e dalle nostre domande su questo fatidico e instabile concetto – eppure così concreto dato di fatto – vogliamo dunque percorrere varie strade.

Il primo incontro si propone come momento introduttivo in cui cominciare a discutere assieme della questione del corpo. Lo faremo assieme a Marco Pustianaz, teorico e attivista queer.


L'incontro è stato pensato come un momento di discussione aperta e partecipata, di analisi e di ragionamento. Partendo da una mappatura semplice (e senza pretese di esaustività), vogliamo aprire uno spazio di dibattito in cui porre domande, dubbi questioni aperte.






lunedì 18 febbraio 2013

Danzare contro la violenza


Appunti di riflessione a cura del Laboratorio Sguardi Sui Generis

One billion rising: un flash mob globale per denunciare la violenza sulle donne. Le ragioni, le parole d'ordine, le immagini e i luoghi della giornata si trovano facilmente in rete. Con queste brevi riflessioni non vogliamo approssimare un bilancio complessivo e globale della giornata e dell'iniziativa. Al contrario, vogliamo provare a guardarla con il più provinciale e provincializzato degli sguardi. Difficile stabilire onestamente cosa One billion rising possa aver significato per molte donne in tante parti del mondo. Più semplice – e forse utile – qualche considerazione critica a partire da noi. La scelta di smorzare l'enfasi globale di One billion rising per provare a descriverla in prospettiva parziale e situata è motivata da alcuni elementi che riteniamo di prima importanza.
Nel discorso pubblico la violenza sulle donne è descritta in prospettiva globale soltanto quando la si prende in considerazione a partire da coloro che la subiscono, mai per tratteggiare il profilo di coloro che la compiono: le vittime di violenza sono le donne come corpus omogeneo, mentre i perpetratori della violenza non sono mai raccontati come agglomerato indifferenziato. L'asimmetria nasconde un duplice equivoco di natura politica che è utile esplicitare. In primo luogo, la rappresentazione essenzializzata della vittima (le donne tout court) è funzionale a una descrizione della violenza completamente sganciata dalle forme relazionali che l'accompagnano e dalle condizioni materiali che la favoriscono. Ciò fa si che la generica condanna della violenza non si trasforma mai in una critica reale della violenza che presupporrebbe l'analisi dei canali, delle condizioni e dei luoghi attraverso cui la violenza si produce e si trasmette ai danni di madri, mogli, fidanzate, nipoti, studentesse, e così via. Un elenco orientato non a costituire una tassonomia vittimaria, ma piuttosto a decostruire il significante donna come generico indifferenziato e, soprattutto, dematerializzato.

giovedì 31 gennaio 2013

Not your battleground


Pubblichiamo il testo di questa bella poesia di Amira Elwakil dedicata all'amica che ha scritto una testimonianza sugli stupri avvenuti a Il Cairo pochi giorni fa, il 25 gennaio.



Not your battleground

This body is not a battleground on which you may wage your war,

nor is it a square in which a protest may be called.

This body is not an exhibit for which your feedback is sought,

or a newspaper column, supporting your interpretation of freedom of thought.

This body is not a reference for your committee of language surveyors,

and not a display of a myriad of products on a conveyor.

lunedì 28 gennaio 2013

I corpi della rivoluzione. Appunti sulle violenze di piazza Tahrir


Non è facile prendere parola, con le notizie che arrivano rapide, numerose e confuse. Vogliamo provare a farlo comunque, denunciando sin d'ora la provvisorietà di queste note. Più che un'analisi, forse, si tratta di un segnale di vicinanza alle donne di piazza Tahrir. Donne i cui volti ci sono diventati familiari, soprattutto attraverso la mediatizzazione massiccia della cosiddetta Primavera Araba e di tutto ciò che ne è conseguito sino ad oggi. Volti sui quali, sin dall'inizio, si sono costruiti significati ambigui, sempre ed eternamente eurocentrici. Volti facilmente traducibili in icone pop del cosiddetto “protagonismo femminile” che trasforma la politica in mero civismo. Per noi, quei volti, sono sempre stati qualcosa più di questo. Quei volti, oggi, sono anche quelli di corpi straziati da una repressione che – come sempre – passa prima di tutto sul corpo delle donne.

Le cronache di oggi, ancora incalzanti e parziali, raccontano di stupri di gruppo ad opera dei contro-rivoluzionari egiziani: gruppetti di uomini che accerchiano una donna in piazza, la molestano, aggrediscono, stuprano. Queste violenze non sono effetti collaterali del caos. Queste violenze non colpiscono le donne perché sono più deboli. Queste violenze non nascono dal nulla.

Queste violenze testimoniano, ancora una volta, che il corpo delle donne viene usato/abusato come terreno politico. Testimoniano che “decidere” delle donne e sulle donne è un atto di violenza politica. Può esserlo a vari livelli. A livello fisico e personale con aggressioni e stupri; a livello fisico e generalizzato con norme che violano la libertà delle donne; a livello verbale con ingiurie e insulti; a livello simbolico con immagini e immaginari e così via. La lista è infinita e non fa che definire gli attributi dello spazio politico in cui le donne si muovono. La violenza del patriarcato non esplode come una tempesta, ma si radica nella società, in Egitto come altrove.