Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

martedì 21 giugno 2011

Riflessioni sull'isteria 'Si Tav' nel caldo della lotta alla Maddalena

Non ci vuole un genio per notare l'esplosione dell'isteria “si tav” che nell'ultima settimana sembra raggiungere il parossismo. Oggi i quotidiani ci informano di un'imminente campagna porta a porta finanziata dalla Regione per convincere gli abitanti della Valsusa della bontà dell'alta velocità. In arrivo anche uno spot televisivo che, con buona probabilità, sarà confezionato e presentato come pubblicità progresso.

lunedì 20 giugno 2011

Venerdì 24 giugno ·Aperitivo @ Csa Murazzi

 
 
Il laboratorio Sguardi Sui Generis insieme al progetto culturale Arkida Art vi invita a festeggiare S. Giovanni in riva al Po con un gustoso aperitivo, mostra fotografica e musica flamenca!
Vi aspettiamo numerosi!
Csa Murazzi, murazzi del Po Arcata 25 (lato dx)

mercoledì 15 giugno 2011

Arrestata Caterina Ferrero, assessore regionale alla Sanità

Abbiamo appreso dai quotidiani dell'arresto di Caterina Ferrero       (assessore regionale della giunta Cota) ideatrice dell'omonimo Protocollo che agevolerebbe l'ingresso dei volontari del movimento per la vita all'interno dei consutori pubblici.
Dal mese di novembre 2010 molte sono state le mobilitazioni datesi sul territorio torinese per contrastare questa delibera.
L'8 giugno scorso  il TAR si è riunito per valutare un ricorso fatto da una associazione di donne, nelle prossime settimane il tribunale comunicherà il pronunciamento definitivo.

Di seguito i primi articoli usciti in merito alla vicenda:


Da Repubblica.it


Caterina Ferrero (Pdl) ha ricevuto stamani l'ordinanza di custodia cautelare. Adesso è in caserma per le pratiche. La sua posizione aggravata dagli interrogatori degli altri coinvolti nello scandalo

di OTTAVIA GIUSTETTI
Caterina Ferrero, assessore della giunta regionale (ha rimesso le deleghe alla Sanità, ma è rimasta nella squadra di Cota) è da oggi agli arresti domiciliari. Stamani le è stato notificato nella sua casa di Leinì l'ordine di custodia cautelare e ora è stata trasferita in una caserma per la registrazione. Indagata fino a ieri, l'ex assessore alla sanità ha visto aggravarsi la sua posizione forse complice le testimonianze degli altri arrestati e indagati nella vicenda che, innescata dallo scandalo sui pannoloni per anziani ha visto poi aprirsi altri filoni, come quello del reparto di emodinamica dell'ospedale di Chivasso, re parto, che secondo alcune intercettazioni, sarebbe stato aperto per espressa volontà dell'assessore in "chiave politica". 

martedì 14 giugno 2011

SEMINARIO UNINOMADE

Sabato 18 e domenica 19 giugno Il Laboratorio sarà a Genova per il seminario di Uninomade “Composizione di classe e organizzazione del comune: ripensare la conricerca dentro le lotte del precariato e del lavoro cognitivo".


Il programma completo è consultabile al link

TOM, ALIAS AMINA, E L'ESERCIZIO DELLA CRITICA

Pochi giorni fa pubblicavamo l'annuncio del rapimento della blogger siriana Amina Abdallah. Inizialmente l'allarme e gli appelli su internet, poi i misteri e i dubbi, infine la scoperta della vera identità di Amina. Amina è un personaggio virtuale, un espediente escogitato dall'americano Tom Mac Master. Un colpo di scena che ha scatenato polemiche e discussioni sia sui media tradizionali che – anche e soprattutto – nel web. La storia, in realtà, è piena di eroi di carta, miti e leggende capaci di illuminare una porzione di realtà, dire una qualche verità. La fiction in sé non è né buona né cattiva, è soltanto una strategia. Tom Mac Master, alias Alina, ha detto qualcosa di vero. Ha contribuito a mischiare le carte di un discorso troppo lineare e rituale che tende a opporre occidente e oriente cavalcando una cattiva retorica dei diritti GLBTIQ. Ha indossato una maschera per smascherare una mistificazione.

Per approfondimenti e commenti rimandiamo a:


martedì 7 giugno 2011

Sequestrata Amina Abdallah, autrice del blog "A gay girl in Damascus"

Apprendiamo del rapimento di Amina Abdallah, attivista siriana autrice del blog "A gay girl in Damascus".
Rimandiamo ad un articolo di Infoaut e ci uniamo all'appello per l'immediata liberazione di Amina.


da www.infoaut.org:

Solo ieri fa avevamo tradotto un articolo scritto da Amina per il suo blog  dal titolo "Pinkwashing Assad?", in cui l'attivista queer siriana riportava l’attenzione su un argomento a lungo discusso:  la strumentalizzazione dei diritti glbtq e delle donne da parte delle “democrazie occidentali” ed il loro utilizzo a sostegno delle politiche imperialiste e neocoliali in Medioriente. Un argomento quanto mai attuale di questi tempi, caratterizzati dal continuo soffiare del vento della cosiddetta Primavera araba.


Con rabbia e sgomento poche ore fa abbiamo appreso del suo rapimento.
Qui di seguito riportiamo la traduzione a cura della nostra redazione dell'appello scritto dalla cugina sul blog di Amina la quale continua a riportare aggiornamenti sulle notizie che le arrivano (vedi http://damascusgaygirl.blogspot.com/).

FALSI AMICI E CATTIVA COSCIENZA. A proposito dei tentativi di impiegare le questioni di genere in chiave eurocentrica e razzista.

Proponiamo di seguito un approfondimento sulla pratica diffusa del «Pinkwashing» e sulle forme odierne di «omonazionalismo».





La formula pinkwashing allude alla “pennellata di rosa” che le democrazie occidentali si danno per rendere presentabili interventi militari nelle più disparate regioni del mondo (in particolare nel mondo arabo) e, al contempo, per giustificare le politiche razziste adottate all'interno dei propri confini. La logica del pinkwashing è piuttosto elementare e i suoi effetti retorici alquanto immediati: i diritti delle donne e delle soggettività GLBTQ vengono presentati come misura di civiltà e impugnati come armi contro quella parte del mondo che non li riconoscerebbe. Il genere –riproducendo un vizio teorico già smascherato dagli studi post-coloniali e da ampia parte del femminismo – viene giocato contro la razza, la classe e altre istanze di soggettivazione politica. All'intersezionalità delle lotte praticata dai soggetti reali, si oppone così l'unidirezionalità fittizia della presunta superiorità civile, culturale e politica dell'occidente.
In Italia la retorica del pinkwashing viene impugnata principalmente in chiave razzista e securitaria attraverso la costruzione di una cattiva retorica incentrata sulla questione complessa della violenza maschile sulle donne. L'agghiacciante binomio del  “migrante stupratore” e la figura speculare della “donna vittima da difendere” costituiscono i pilastri di un immaginario razzista che invoca con foga i vari pacchetti sicurezza. Di recente, tuttavia, si è compiuto anche in Italia un passaggio ulteriore: i diritti GLBTQ vengono richiamati esplicitamente per giustificare guerre imperialiste e neo-coloniali. Il portavoce illustre di questa sinistra strategia retorica è riconoscibile in Roberto Saviano che, in un' intervista di qualche mese fa, ha definito Israele una «culla di civiltà e democrazia» proprio alludendo alle libertà sessuali garantite ai suoi cittadini. Circondato dall'illiberale mondo arabo, Israele sarebbe dunque un faro democratico nel cuore dell'oriente. Ecco dunque la “pennellata di rosa” – una verniciata d'occasione – che copre gli orrori e i cadaveri israeliani.
Questo tipo di retorica mostra una peculiarità che vale la pena sottolineare: si assiste a una sorta di ribaltamento del cattivo universalismo che storicamente ha giustificato le brame predatorie dell'occidente. Se, a partire dall'illuminismo sino ad oggi, l'occidente si è autopromosso guida della civiltà nel nome di un uomo astratto e universale (nei fatti bianco, maschio, eterosessuale e cristiano), oggi è capace di strategie più sofisticate. Strategie capaci di assumere prospettive particolaristiche al fine di piegarle – ancora una volta – all'affermazione della propria superiorità. In questo quadro, sta alle soggettività di volta in volta chiamate in causa riconoscere il falso alleato, denunciarne i fini e respingere ogni connivenza.

Proponiamo un'intervista a Elena, attivista di Facciamo Breccia, con cui, dai microfoni di Interferenze (la trasmissione del nostro Laboratorio, in onda tutte le domeniche dalle 16 alle 17 su Radio Blackout 105.250 FM) approfondiamo alcuni nodi emersi durante il convegno Dentro e fuori le democrazie sessuali, tenutosi a Roma il 28 e 29 Maggio.

Proponiamo inoltre il video sopra citato dell'intervento di Roberto Saviano (in particolare dal minuto 1.06) e la risposta di Vittorio Arrigoni
A quest'ultimo, ancora una volta, va il nostro pensiero. 


Rimandiamo infine ad un articolo del 16 Febbraio che ha in parte ispirato queste riflessioni: ATTIVISTI QUEER PALESTINESI DISCUTONO SU “PINKWASHING” E ALTRO
Di seguito la traduzione:

Gli attivisti queer palestinesi sono di tappa nella Bay Area per parlare delle lotte quee nel contesto dell'occupazione israeliana delle terre palestinesi. (Questa notte è la vostra ultima occasione per “beccare” i tre rappresentanti delle organizzazioni  Aswat e Al Qaws che racconteranno le loro storie,alle 7-09:00 presso la Pro Arts Gallery, 150 Frank Ogawa Plaza, Oakl. Facebook ).

Ieri sera hanno parlato alla Mission High School in un evento organizzato da Arab Resource and Organizing Center e co-sponsorizzata da una coalizione di diversi gruppi. La maggior parte ha chiesto di essere identificat* solo con il primo nome, temendo discriminazioni per l'orientamento sessuale e rappresaglie per aver parlato. Ecco alcuni punti salienti.

"Il movimento queer palestinese è riuscito a combinare gli elementi queer, femminismo e la resistenza all'occupazione il tutto in una lotta integrata", ha detto Haneen, che è attivista di Al-Qaws che promuove lo sviluppo e la crescita della comunità palestinese LGBTQ."Quando si parla dei diritti gay in Palestina non si può trascurare il fatto che i palestinesi vivono sotto occupazione. E’ importante non trascurarlo ".
Uno dei motivi per cui il tour è stato organizzato è quello di evidenziare ciò che gli attivisti chiamano "pinkwashing" dell'occupazione israeliana. "E 'un termine che significa l'abuso della lotta gay  israeliana  da parte del governo israeliano", ha detto l'attivista di 23 anni, Sami."Avvolgere una una sciarpa rosa attorno agli occhi, non dobbiamo criticare Israele perché è gay friendly. Fa parte di tutta una campagna di “sponsorizzazione” di Israele come popolo gay friendly e democratico e non fare vedere le violazioni dei diritti umani ".

Per Moraga, attivista e scrittrice queer Chicana (significa cittadina americana la cua famiglia è originaria del Messico), l'evento è stato un raro scambio tra due generazioni di queer di colore. "Io, come  chicana, non mi sento estraneo alla questione palestinese, ha detto. "Non c'è contraddizione per la lotta per la nazione e per lottare per la libertà dei nostri desideri e della sessualità."

I tre attivisti più giovani hanno mostrato apprezzamento per tutto ciò che hanno appreso dai veterani dei movimenti negli Stati Uniti. "Abbiamo imparato molto dal movimento queer di colore negli Stati Uniti, quando siamo stati ad esplorare le intersezioni della lotta, [i vostri scritti] sono stati incredibili, [essi] ci hanno aiutato", ha detto Sami. Vorrei ringraziarvi per questo. "

Nonostante il loro riferimento ad altri movimenti, hanno detto che tutto, dalla loro retorica alla loro strategia politica, si basa sulla comunicazione con i palestinesi queer. "Il processo di scelta della strategia è importante", ha detto Abeer, che lavora per l'inclusione delle donne queer nella società civile. Siamo andati sul campo e ci siamo incontrati con palestinesi queer. Abbiamo sviluppato tutte queste strategie di notizie sui nostri piedi. Questo è lo spirito di Al- Qaws , portare queste esperienze avvenute sul campo. "

Il nascente movimento che essi rappresentano ha già prodotto alcuni risultati concreti. Prima che cominciassero, i termini arabi per “gay” erano negativi, ma ora anche i media mainstream hanno adottato la terminologia promossa e positiva del movimento.

Se non potete partecipare all'evento, la festa si svolgerà alle ore 9:30 presso la Sala Paradiso, 2272 Telegraph Avenue, Oakl.

giovedì 2 giugno 2011

SPETTACOLO TEATRALE “DIVISE” ALL'INFOAUT FESTIVAL C/O PARCO RUFFINI- TORINO

La giornata del 7 giugno all'Infoaut Festival che si terrà a Torino al Parco Ruffini dal 2 al 9 (http://festival.infoaut.org/index.php) sarà fortemente caratterizzata dalle iniziative promosse dal Laboratorio Sguardi sui Generis.

Alle ore 18 é previsto il dibattito Sguardi sulla Precarietà con discussione a partire dal libro di Cristina Morini "  "Per amore o per forza. Femminilizzazione del lavoro e biopolitiche del corpo " e biografie precarie a cura di: Laboratorio Sguardi sui generis, Collettivo Fuxia Block, Collettivo Anillo de Fuego, Collettivo Goghi & Goghi.


A questo proposito consigliamo di visitare i post http://sguardisuigeneris.blogspot.com/2011/05/sguardi-sulla-precarieta-dibattito.htmlhttp://sguardisuigeneris.blogspot.com/2011/04/la-precarieta-e-un-elemento.htmlhttp://sguardisuigeneris.blogspot.com/2011/04/la-precarieta-e-un-elemento.html.

Alle ore 21 andrà in scena lo spettacolo teatrale “DIVISE”, scritto e diretto da Ila Covolan con Mara Pieri.

SGUARDI SULLA PRECARIETA'

Contributo del Collettivo Fuxia Block (Padova)


Il lavoro per come l’ho conosciuto io – che ho fatto la classica gavetta di qualunque studente fuori sede: baby sitter, cameriera, operatrice call center… - è una rapina a mano armata del proprio tempo e delle proprie ambizioni. Lo dico da un doppio posizionamento: come attivista politica che lotta contro la precarietà generazionale cui siamo tutti sottoposti, e come soggetto reale che questa condizione la vive sulla propria pelle. Ovviamente i due aspetti sono strettamente collegati tra loro, e aprono una ambivalenza insanabile ma virtuosa che sta attraversando ogni fase della mia vita. 
Sotto ricatto e senza garanzie si accetta qualsiasi condizione al ribasso, e il ricatto è anche quel senso di colpa e lo stigma sociale che ti colpiscono se non riesci a trovare una minima entrata per sbarcare il lunario ed essere “indipendente”. Ma la precarietà è una condizione ontologica. Le competenze e le capacità relazionali che ti vengono richieste per stare a galla in questi ambienti (disponibilità, coinvolgimento emotivo, cura etc) fanno parte di una sfera privata che ho sempre cercato di proteggere, fino a quando mi sono vista costretta a metterla sul tavolo della contrattazione per mantenere il posto precario e spesso in nero (quindi senza alcuna tutela). Ho vissuto con forte disagio questa dimensione di (s)vendita di me, soprattutto quando ho lavorato in un call centre: lì la mia facoltà comunicativa veniva immediatamente messa a produzione ed era come se venissi espropriata di una parte profondamente intima della mia persona. Le mie parole servivano per convincere qualcuno a comprare qualcosa, ma quel vettore – la parola – era lo stesso che usavo poi per comunicare al di fuori della mia postazione, nelle relazioni amicali, nelle attività politiche, col mio compagno. Per giorni sono rimasta muta. Non riuscivo a riappropriarmi di quella parte di me stessa senza sentirmi schizofrenica. Ed ero perfettamente consapevole del meccanismo in cui ero entrata: la mia vita era stata completamente messa a produzione.
Poi ho deciso di seguire il mio desiderio, che era quello di fare ricerca sociale: adesso sto nel limbo del dottorato, ho uno stipendio che si chiama borsa, il che è relativamente mortificante, oltre al fatto che le prospettive di dare continuità al mio progetto sono poche, a maggior ragione adesso che la riforma Gelmini è stata approvata. Quindi diciamo che sono punto e a capo. Anche qui il compromesso con me stessa è un esercizio quotidiano, ma in questo caso ha a che fare direttamente con la materia e l’approccio della mia ricerca. Quando fai ricerca sui conflitti, sulle contraddizioni, sulle rappresentazioni mistificanti della realtà sociale trovi sempre degli ostacoli. Quando il lavoro di ricerca è parte integrante della tua vita, e non potrebbe essere altrimenti, perché usi gli stessi strumenti per tradurre quello che studi in pratiche trasformative della realtà, molto spesso gli ostacoli diventano veri e propri check point. Quando lo stesso luogo di lavoro – l’università - è il terreno di battaglia su cui hai scelto di lottare, allora è guerra aperta.
Soprattutto se l’ambiente di lavoro è un sistema di poteri radicati che fa della trasmissione del sapere un laboratorio di riproduzione pacificata dell’esistente. Se vuoi sopravvivere devi imparare a galleggiare. Questo significa dover accettare di lavorare gratis come cultrice per mantenere ufficialmente un piede nell’accademia, significa accettare porzioni di ricerca senza avere chiaro dove andranno a finire e come verranno usate, significa rinunciare a volte a dire o scrivere quello che si pensa veramente. Le notti insonni non si contano. Ma il senso di colpa stavolta è endogeno.


Contributo del Collettivo Anillo De Fuego (Palermo)

Precarietà. Il futuro è incerto,instabile, critico così tanto che ti fa paura. Il padrone di casa bussa ogni primo del mese, la bolletta dell'enel arriva puntualmente ogni 15 del mese. Condominio, gas, acqua, tutto è da pagare e tu non sai come fare. L'università: le tasse universitarie sono da pagare, e se non arrivi a pagarle entro i termini previsti, c'è la mora, da pagare, i libri di testo “consigliati” dal professore sono da pagare,i mezzi di trasporto definiti “pubblici” sono da pagare, la mensa è da pagare. La spesa: giri tutti i supermercati della zona a caccia delle offerte: yogurt a 50 cent, cereali integrali a soli 1,99cent, risotto pronto a soli 0,89 cent. E come fai? Inizia allora la ricerca costante e accanita del lavoro che ti permette di ricoprire i “buchi”: e così compri il giornale degli annunci, vaghi per la città senza una meta precisa ma con un obiettivo certo, inizi a consultare amici, parenti,colleghi di università,vicini di casa, chiedendo se dove lavorano hanno un posto libero. E poi arriva il lavoro. Volantinaggio: circa 3 kg di dépliant da distribuire porta a porta, da posizionare sui vetri delle auto, da consegnare a gente che trovi per la strada che ti mandano a quel paese.6 ore del tuo tempo costa al padrone solo 20 euro. Call center: operatrice outbound o inbound poco importa la sostanza è sempre quella: 8 ore seduta su una sedia scomodissima,gli occhi puntati su un computer,cuffie da indossare, pochissime e rare occasioni di incontro e confronto con i tuoi colleghi. Spesso se non sempre si guadagna a provvigione, ossia sono quasi nulle le possibilità di guadagnare anche solo 10 euro. Servizio ai tavoli in un pub: avanti e indietro continuo e snervante, pinte di birra e arachidi da portare ai tavoli, togliere le bottiglie vuote, pulire i tavoli, sorridere, quando invece non vorresti fare altro che bestemmiare, per avere anche qualche spicciolo in più (per le sigarette). E quando hai un po' di tempo libero dal lavoro,dallo stress e dall'ansia, non ti resta che la taverna del Ballarò: due super Tennent's,un paio Jagermeister, un panino con le panelle, tre lucky strike morbide rosse, chiacchierare,discutere, scherzare con gente come me. Precari come me!
Simona.

Ho 23 anni e' sono una studentessa precaria !
Vivo da circa 5 anni a Palermo dove frequento l'accademia di belle arti .
Per mantenermi ho cambiato svariati lavori da baby sitter, call center,barista,assistenza a gli anziani, commessa ecc ecc, avvolte dimenticando cosa realmente volevo fare da grande ,quali erano i miei sogni il mio punto di partenza .
Oggi lavoro in un bar per 20 euro al giorno ,non posso permettermi distrazioni, perché le bollette l'affitto le tasse all'università che aumentano ogni anno sono le prime cose a cui pensare !
Rifletto ogni istante sul mio futuro , su cosa farò ,se mai potrò avverare i miei sogni ,questo stato di ansia mi assilla, perché vivere alla giornata? perché non posso dedicarmi a quello che amo fare?
Ma non mi scoraggio, non resto impassibile ,non mi faccio scorrere tutto addosso . Si sono incazzata per il mio stato ma questa rabbia la riverso nella lotta che quotidianamente intraprendo! 
Claudia.

Mi chiamo Giuliana, ho 25 anni e da due anni circa faccio la segretaria in un Hotel con un contratto a progetto strappato dopo più di un anno di lavoro in nero. Pare che sia un lavoro da non farsi scappare, ma io non amo il lavoro d’ufficio. Mi piace camminare, osservare, sperimentare, non avrei mai pensato a questo per me. Comunque il lavoro è lavoro: è comunque sfruttamento sia che ti permetta di viaggiare, studiare o che ti costringa ore davanti ad un computer seduta su una sedia. Ho fatto la cameriera, la volantinatrice, la baby sitter,la telefonista in un call-center e la rappresentante. E così sono passati anni a cercare il meno peggio, a lasciare un lavoro per un altro che ti sembra migliore, fino ad accorgerti che sono tutti uguali, tristi, precari.
Dimenticavo…..nel luglio scorso mi sono laureata in Scienze Geologiche, e a novembre ho superato il concorso per un dottorato di ricerca senza borsa.
Nonostante molti mi ripetessero che era un’occasione da sfruttare , assolutamente da non lasciarsi scappare, non avrei mai lavorato gratis per nessuno. Quindi, il mio ormai maturo sentimento di rifiuto del lavoro, a maggior ragione se completamente gratuito,e il mio bisogno di reddito mi hanno spinto a rifiutare.
Non è tanto l’aver studiato tanti anni e non riuscire a trovare un impiego che si addica al mio titolo di studio che mi fa incazzare, quanto il furto costante del mio tempo nel presente e nel futuro. Il fatto di non riuscire a sapere come riuscirò a sopravvivere fra un mese mi fa percepire la condizione di precarietà in cui sono immersa fino al collo e che a volte mi da la sensazione di soffocare.
Però vivo sempre la mia vita da precaria con rabbia, e quando mi dicono che dovrei cercare un lavoro che mi gratifichi, io rispondo che ciò che mi fa stare bene è solo mio e che non ho nessuna intenzione di metterlo a profitto di un padrone.
Giuliana. 

Presidio 8 giugno al TAR: CONTRO LA DELIBERA FERRERO!