Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

lunedì 12 dicembre 2011

Quando non si può dire la verità - riflessioni sul rogo della Continassa

E' da sabato sera che ne parliamo fra noi, che scriviamo sms ai compagni, alle compagne, ai genitori, incapaci di stare ferme di fronte ad un fatto tanto orribile, tanto schifoso, tanto significativo dei nostri tempi.
Ecco cosa succede quando non si può dire la verità, quando la morale ossessiona le famiglie sulla verginità delle figlie, tanto da obbligarle a frequenti visite ginecologiche per accertarne l’integrità.
Eppure la violenza è antecedente ai fatti accaduti, è già nata nella norma, morale o moralista che sia, per cui le donne devono essere perbene e, soprattutto, non devono avere una sessualità al di fuori dei sacramenti.

Sulla libertà di Adama, un caso 'normalmente eccezionale'

Segnaliamo l'intervista realizzata durante la puntata odierna di Interferenze con Paola delle rete Migranda, che ha condiviso con noi alcune riflessioni sulla liberazione di Adama dal CIE di Bologna (avvenuta qualche giorno fa) e sul lavoro che come rete portano avanti per la libertà dei e delle migranti.


Qui di seguito il pezzo 'Sorridendo, non senza durezza: considerazioni attorno alla libertà di Adama' pubblicato nei giorni scorsi su Migranda.


Adama adesso è libera, e riprende in mano una libertà comunque difficile, perché porta ancora i segni delle ferite lasciate da un uomo e da tre mesi di lunga, vuota detenzione in un Centro di identificazione ed espulsione. Ora giunge il tempo di fare alcune considerazioni che vanno al di là della gioia e del nostro lungo sorriso per aver contribuito alla libertà di Adama. Ora s’impone una presa di parola, affinché la sua storia e la nostra voce non restino singolari e non si spengano nel clamore improvviso di un caso eccezionale.

martedì 6 dicembre 2011

Di lavoro si muore

E' di qualche giorno fa la notizia che, in provincia di Venezia, una ragazza di 22 anni, schiacciata e uccisa da un muletto dell'azienda doveva lavorava in nero, è stata regolarizzata a poche ore dalla sua morte.
Non possiamo che provare grande rabbia per l'ennesimo e tragico caso che ci mette di fronte a quella che per molti è la condizione lavorativa di oggi: una realtà fatta di precarietà ed estrema ricattabilità, di lavori in nero e sottopagati.
L'ennesimo caso che sarebbe passato sotto silenzio, non fosse per il risvolto ancor più agghiacciante che la vicenda ha avuto, e che in molti si affretteranno probabilmente a liquidare come 'un incidente' o 'una tragica fatalità', rimuovendo ancora una volta le pesanti responsabilità di chi quotidianamente ci impone di lavorare a queste condizioni.
E nel far pesare queste responsabilità non possiamo non pensare ai nostri neo-ministri dalla lacrima facile, pronti a mostrarsi addolorati nell'imporci misure di sacrificio, ma altrettanto solerti nell'approvare manovre di austerity che aprono la strada ad un futuro ancor più incerto e precario in materia di lavoro.


La notizia su Il Gazzettino.it

lunedì 5 dicembre 2011

ANCHE AL GOVERNO, LE DONNE PIANGONO


Nella conferenza stampa della "manovra" che il governo tecnico ci propone, leggiamo tra le righe – ma anche nelle parole esplicitamente pronunciate – una spaventosa presentazione delle "riforme" che ci vogliono far subire.
Come donne, ragazze precarie, studentesse, abbiamo ben presente che la crisi non è neutra al genere e che i tagli allo stato sociale prevedono una vittima, sopra tutte le altre: la donna, caricata del compito di sopperire a tutte le mancanze pubbliche in fatto di cura, una strada di riforme ben segnata da Sacconi nel suo Libro Bianco, da cui nessuno dei successivi governanti si è discostato di una virgola.
Nel nuovo governo, eletto dal mercato e dalle banche, è emblematica la presenza e la portata "riformista" della neoministra al Welfare, Elsa Fornero, cresciuta e coccolata in casa San Paolo-Intesa S.p.A.
Allo stesso modo non ci sono sfuggiti i nodi principali della sua riforma pensionistica lacrime e sangue: per chi prevedeva di andare in pensione a breve, si prospetta un livello pensionistico da fame che viene proposto gradualmente, con un periodo di transizione dal sistema attuale che a null'altro serve se non a farci digerire il boccone amaro di una vecchiaia senza dignità. Soprattutto non è previsto alcun differenziale di età pensionabile in termini di genere  - che  da  anni costituisce il palliativo dato alle donne in cambio di un'esistenza consacrata al lavoro riproduttivo non retribuito -  che va ad aggiungersi alle condizioni di maggiore saltuarietà e precarietà del lavoro salariato femminile.
È drammatico che la ministra tenti di appropriarsi di concetti come "reddito minimo garantito", che nella sua visione non rappresenta per nulla la garanzia di un diritto di esistenza nella precarietà che ci impone il capitalismo attuale, ma solo un palliativo e un paciere sociale contro lo scontento delle classi subalterne, e non riusciamo ad immaginarci come il pareggio dei conti pubblici paventato per il 2013 possa conciliarsi con questa proposta, facendone ancora di più uno specchietto per le allodole per distrarci, al pari con il milione di posti di lavoro propagandato da Berlusconi in campagna elettorale.
Le lacrime teatralmente spuntate al pronunciare la parola 'sacrificio' non suscitano in noi nè empatia nè vicinanza, ma ancora più forte fanno esplodere la nostra rabbia nei confronti di chi il sacrificio ce lo impone, e che proprio non riesce a farcelo digerire.
Quale banale rappresentazione del femminile sociale, emotivo e votato alla compassione ci ha proposto il ministro!
Quando si parla di "Se non le donne, chi?" questo vuole essere il personaggio politico rappresentativo delle donne di potere? Quelle che ti tolgono anche la pelle per venderla al mercato, e poi ne piangono come se fossi un/a figliolo/a, come una madre che ci manda a dormire senza cena, "ma per il tuo bene, così impari", e via di lacrimuccia.
Noi le lacrime mediatiche le rispediamo al mittente, a noi le lacrime danno la nausea, noi urliamo di rabbia per i piani che fanno sulle nostre vite e sul nostro futuro, non ci commuoviamo all'idea dei sacrifici, noi lotteremo  per avere ciò che ci spetta, fino all'ultima briciola!

giovedì 1 dicembre 2011

Dall'assemblea 'Nessuno spazio al Movimento per la vita!'

Il 28 Novembre a Palazzo Nuovo si è svolta un'assemblea informativa a proposito dell'intervento dei movimenti per la vita all'interno dei consultori pubblici, che ha visto il contributo del nostro Laboratorio (Sguardi Sui Generis), quello de Le Ribellule di Roma e quello delle Mujeres Libres di Bologna.
Proprio il fatto che fossero presenti tre collettivi che si occupano di questa tematica, ciascuno nei propri territori, è un elemento sul quale riflettere. Il primo dato emerso è infatti la trasversalità degli attacchi all'autodeterminazione delle donne ed alla legge 194: sia in Emilia Romagna che in Lazio che in Piemonte le varie giunte regionali stanno elaborando protocolli pressoché identici fra loro e che vanno tutti esattamente in questa direzione; anche in Lombardia si stanno promuovendo delibere simili.
Numerosi interventi fatti da donne presenti all'assemblea hanno chiarito infatti come anche nella regione lombarda la situazione dei consultori pubblici e l'aumento esponenziale dei medici obiettori sia un primo grande ostacolo che si pone di fronte alla donna nel momento in cui volesse scegliere di interrompere una gravidanza.
Il tema del turn over dei medici e dell'obiezione di coscienza è stato quindi un altro elemento di discussione: oltre ad avere ricadute sulla possibilità stessa di interrompere la gravidanza, è un elemento allarmante pensando soprattutto in prospettiva futura.
Il fatto che siano principalmente medici giovani ad essere obiettori porta a riflettere sulle condizioni in cui, chi decide di occuparsi di interruzione di gravidanza, si trova a lavorare. Sotto le crescenti pressioni prodotte dal rafforzamento dell'ideologia antiabortista, questi medici si ritrovano infatti schiacciati da un sovraccarico di lavoro che li porta a svolgere quasi esclusivamente l'aborto, senza poter esprimere la propria professionalità a 360° e subendo continuamente le tensioni di un lavoro stigmatizzato.
Simili condizioni rispecchiano sempre meno la possibilità di scelte reali su come dedicarsi alla professione ginecologica quanto piuttosto lo smantellamento di un generale concetto di autodeterminazione dei soggetti.
Tutto questo a partire dall'attacco diretto alla libertà di scelta delle donne.

Vi proponiamo alcuni video tratti dall'assemblea:
La legge Tarzia (Lazio)
La legge Bignami (Emilia Romagna)
I casi di Forlì, Modena e Correggio
Intervento dal pubblico su turnover dei medici e obiezione di coscienza