A febbraio, con l’elezione del governatore Cota, il Piemonte ha immediatamente ricevuto “in regalo” il
famigerato “Patto per la vita e la famiglia” firmato dal suddetto leghista e che fa della lotta alla libertà di scelta
degli individui, in particolare donne, gay, lesbiche, transgender e migranti, la sua crociata personale. Sei
punti le cui parole chiave sono VITA e FAMIGLIA, ovviamente presentate da un punto di vista meramente
cattolico. La vita da difendere è quella dell’embrione non ancora formato e dei bambini a patto che siano
nati da una famiglia monogamica ed eterosessuale, fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. E
gli/le altri/e? La vita della donna in quanto donna e non per forza in quanto madre passa completamente
in secondo piano. Più soldi ai movimenti cattolici antiabortisti e totale messa in discussione della libertà
d’aborto attraverso l’approvazione della delibera firmata Caterina Ferrero che sancisce l'ingresso nei
consultori pubblici piemontesi del “Movimento per la vita” e che costituisce un grave attacco frontale al
diritto all’autodeterminazione delle donne. Per quanto riguarda gay, lesbiche e transgender, Cota respinge
vigorosamente i loro diritti e non riconosce la loro libertà di scelta in campo sessuale. Anzi, pare proprio non
voler riconoscere essi/e stessi/e in quanto tali e non appartenenti al modello unico previsto.
E i migranti? Beh, Cota non poteva certo esimersi dal pronunciarsi rispetto a uno dei temi che più stanno a
cuore alla Lega, ovvero la loro espulsione. Qui tutto si gioca nella fondamentale distinzione tra buoni (e qui
rientrano soprattutto donne –intese come badanti- mamme e bambini) e cattivi (il gruppo più numeroso).
Ovviamente per questi ultimi è previsto il rimpatrio, non prima di un “soggiorno” nei CIE, un carcere a tutti gli
effetti.