Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

sabato 19 novembre 2011

#OccupyTorino!

Il 17 novembre è la giornata internazionale per il diritto allo studio. Quest'anno le studentesse e gli studenti hanno deciso di allargare le parole d'ordine della manifestazione e di includere, oltre ai temi che appartengono più prettamente al mondo scolastico, anche l'imprescindibile tema  della crisi e delle connesse politiche di Austerity.
A Torino è stata quindi un'altra giornata di lotta e resistenza! Una manifestazione caratterizzata dalla determinazione di migliaia di student*,  lavorator* e precar*, che ancora una volta alla propria rabbia hanno visto opporre i manganelli della polizia e la loro violenza.
Il corteo, convocato in occasione della giornata internazionale di mobilitazione studentesca, è partito da Piazza Arbarello, ormai simbolo delle lotte studentesche,  per poi snodarsi in direzione di Confindustria, un'istituzione nota a tutti gli studenti in quanto complice della riforma Gelmini che si è abbattuta sugli Istituti superiori così come sulle Università.
''Anche con Monti non tornano i conti'': così recitava lo striscione d'apertura, a sottolineare come la salita al potere di Monti e le nomine ministeriali successive non siano eventi da festeggiare, ma ancora una volta da contrastare attraverso pratiche di opposizione al debito e alle manovre di austerity poiché le richieste della Bce rimangono invariate.
Come donne, precarie, studentesse rifiutiamo in toto questo ricetta preconfezionata che prevede come priorità il salvataggio delle banche e, come salvatori della patria, gli stessi politici e banchieri che non solo hanno creato la crisi ma che, quotidianamente, speculano e ne traggono profitti.
Dopo la breve tappa a Confindustria, il corteo si è diretto a passo spedito verso la zona finanziaria della città: l'appuntamento era stato infatti lanciato nelle settimane precedenti da diverse realtà con l’intento dichiarato di andare ad occupare Bankitalia, cuore del potere finanziario cittadino e diretta responsabile di una crisi che quotidianamente viene riversata su chi non ha contribuito a crearla.
Quattro sono state le violente cariche subite dai manifestanti che, pacificamente, hanno cercato di aggirare la zona rossa creata attorno a Bankitalia e di continuare la propria protesta.
Cariche di una violenza spaventosa, che sono arrivate fin dentro ai portoni, alle librerie e ai negozi del centro e che hanno dimostrato ancora una volta quale sia l'azione immediata e diretta dello Stato verso coloro che non vogliono assoggettarsi alle sue manovre. Senza alcuno scrupolo, poliziotti e agenti della digos hanno malmenato ragazzi e ragazze anche giovanissimi, fermandone cinque e tenendoli in questura fino a tarda sera.
Nonostante le cariche, il corteo ha saputo sempre ricompattarsi e, unito, è andato ad occupare la Mole Antonelliana, simbolo della città di Torino, per chiedere l’immediata liberazione dei fermati.
Lì davanti si sono susseguiti tantissimi interventi che hanno rimarcato l'importanza della giornata, invitando tutti quanti all'appuntamento serale davanti a Bankitalia, convocato una settimana prima dall'assemblea #OccupyTorino.
Anche a questo appuntamento i manifestanti si sono trovanti davanti ad una vera e propria militarizzazione della zona che li ha tenuti nuovamente lontani dal loro obiettivo, sebbene l’intento fosse semplicemente quello di radunarsi davanti a Bankitalia per un’assemblea.
Ancora una volta le forze dell’ordine si sono schierate dalla parte di un potere che sta lacerando l'Italia intera, dalla parte di una crisi che viene percepita ormai da tutti e tutte ma da cui si cercano uscite di emergenza con le manovre ed i tagli che ben conosciamo e percepiamo tutti i giorni.
Schierate tutt’attorno ai palazzi del potere, hanno impedito a chi era in piazza di manifestare il proprio dissenso, la propria rabbia, il proprio dolore.
Tutto questo non ha però fermato la determinazione di quanti sentono su di sé il peso della crisi, la sentono in casa, al lavoro, quando accompagnano i bambini a scuola, quando vanno al supermercato a fare la spesa, e che altro non hanno che la propria voce per farsi sentire.
La giornata di giovedì è stata solo l'inizio di un percorso ormai condiviso da decine di migliaia di persone in tutto il mondo, un percorso che vuole seguire le orme di New York, di Madrid e di tante altre città, e insieme a queste cacciare politici e banchieri sotto un unico slogan: ''Que se vayan todos!''

Laboratorio Sguardi Sui Generis

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