Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

venerdì 23 maggio 2014

Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone...


La prima volta che mi sono draggata, “travestita da uomo”, è stata un'esperienza molto forte, avevo letto del workshop drag king da qualche parte e mi ci ero iscritta, timidamente, aspettando l'ultimo secondo utile. Delle parole dette non ricordo molto - costruzione e decostruzione, performatività, parodia, svelamento – quello che, a distanza di tempo ed esperienze, continuo a ricordare meglio sono i riflessi di volti concentrati, intenti a cambiare fisionomia.
I peli, appicicati con cura sul viso, non diventano come d'incanto barbe vere, eppure sono tutt'altro che “posticce”, come le maschere di una scena teatrale, sanno trasfigurare la realtà mostrandone verità profonde. Per molt* draggarsi, almeno per la prima volta, è un'esperienza di forte ampliamento della percezione del sé, delle proprie possibilità di essere e, di riflesso, di comprensione corporea della rigida prescrittività nella quale ci troviamo a vivere quotidianamente.

Come Laboratorio organizzare un workshop drag king ha voluto dire provare ad attraversare collettivamente questo tipo di esperienza ampliandone la possibilità di analisi. Ci ha permesso di ricogliere e ricollocare quelle parole chiave di decostruzione capaci di mostrare e descrivere alcuni di quegli aspetti più normativi e falsamente neutri della società. “Giocare con i generi” significa saper rendere evidente la falsità della naturalità di maschile e femminile. Permette di evidenziare il persistere di un rapporto di potere asimmetrico tra uomini e donne e, non ultimo, mette in luce come l'eterosessualità si rappresenti oggi come un orientamento neutro rispetto ad altre scelte sessuali possibili, oscurandone la propria normatività. (Per un approfondimento sul fenomeno drag king in Italia rimandiamo a Il re nudo a cura di M. Baldo, R. Borghi, O. Fiorilli)
Draggarsi è una pratica politica che, attraverso l'uso parodico degli stereotipi di genere, mette in luce come tanto più ci si allontana da ciò che è comunemente considerato “normale” tanto più “l'invisibilità” delle norme divengono evidenti nella loro violenza. Persone omosessuali, transessuali, travestite non godono sempre di particolare accettazione ne tantomeno di riconoscimento. La costruzione culturale del genere non è solo un residuo normativo, quasi totalmente scardinato, di una società ormai fluida e sempre più “libera” ma continua a essere una gabbia, più o meno visibile, che opprime ogni devianza.

La retorica di maggior fluidità sociale, di attraversamento dei generi e delle identità, al di là di un ragionamento di contestualizzazione che porterebbe a metterne in dubbio la veridicità, è estremamente ambigua e ci porta a riflettere su un ulteriore aspetto: la capacità della società in cui viviamo di trasformare in prodotto qualsiasi forma espressiva esistente.
La pratica drag in quanto performativa diviene anche arte, anzi spesso nasce come forma artistica capace di costruire nuove immagini e immaginari. E anche per questo può facilmente divenire oggetto di estetizzazioni e annacquamenti tali da divenire preda di un cannibalismo che trasforma in cibo per il capitale energie, desideri e creatività. Per dirla con le parole di Morini (in un articolo che tratta d'altraquestione ma che diviene tuttavia pertinente): “la società neoliberale è violenta perché consuma libertà sotto la parvente accettazione di tutte le devianze e di tutte le identità che tuttavia controlla attraverso meccanismi sempre più elastici e pervasivi."

Difendersi, contrastare tale violenza significa non perdere di vista i valori scardinanti di queste pratiche, ciò significa saperle inserire in percorsi politici di conflitto più ampi. Relegarle invece in piccole forme di professionismo politico può essere poco utile se non controproducente, così come una loro pura riduzione a forma artistica le può svuotare di forza e di senso. Certo le soluzioni sono tutt'altro che univoche, da un punto di vista artistico, ad esempio, non è sempre facile individuare il posizionamento da tenere, alcune ricerche possono portare a un allontanamento da forme di militanza collettive, in questi casi come difendersi dalla pervasività di una forma sociale predatoria?
Come Laboratorio pensiamo che il confronto e la condivisione dal basso siano un fondamentale punto di partenza. Da qui, pur dovendosi inevitabilmente confrontare con le proprie e altrui contaddizioni, si può ottenere una maggior lucidità e capacità di scelta sulle posizioni che ogni giorno ci troviamo a dover assumere. 

2 commenti:

  1. femminilità, mascolinità e ogni identità di genere più o meno diffusa non sono solo "culturali" nè solo "naturali", noi tutti siamo un mix di natura, cultura e storia ma questo non ci rende incapaci di decidere per noi stessi/e.
    Comunque ci sono tanti modi di vivere il femminile e il maschile, più o meno diffusi statisticamente ma tutti legittimi e autentici e da rispettare sia che ci appartengano o no.Per fare un eempio: una donna che si mette il rossetto è libera e autentica quanto una che non lo fa.
    stesso discorso per gli orientamenti sessuali nessuno dei quali è una scelta, l'eterosessualità è un orientamento sessuale nè più nè meno degno degli altri, legittimo e autentico per chi lo prova quanto gli altri a prescindere da quanto sia statisticamente diffuso. E in generale caricare di significati politici la propria identità di genere e orientamento sessuale, qualunque sia, mi lascia perplesso.

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    1. Se concordi con noi che ci sia un parte "culturale" nelle identità, anche quella di genere (per noi più che marginale), allora è una questione politica. Quale sarebbe la perplessità?

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