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venerdì 21 dicembre 2012

L'india scende in piazza contro la violenza sulle donne


Riportiamo un articolo tratto da Infoaut.org rispetto alle mobilitazioni e alle proteste contro la violenza sulle donne esplose nei giorni scorsi in India in seguito ad un brutale caso di stupro su una giovane studentessa.

Un caso di stupro a danno di una studentessa di 23 anni a New Dehli, avvenuto nella notte di domenica scorsa, ha scatenato un’ondata di proteste e rabbia in diverse parti dell’India contro il diffusissimo fenomeno della violenza sulle donne, che soprattutto nella capitale conta percentuali altissime.

La notizia ha avuto grande diffusione per la particolare brutalità della violenza subita dalla studentessa, stuprata a bordo di un autobus da 6 uomini (autista compreso), che hanno picchiato il ragazzo della giovane, violentato la ragazza e poi abbandonato entrambi a bordo di una strada, lasciando la studentessa quasi in fin di vita e tuttora ricoverata in terapia intensiva.

Ieri la protesta è esplosa in tutto il paese: i primi a mobilitarsi sono stati gli studenti e le studentesse universitari, che hanno protestato davanti a una delle facoltà della capitale, ma ovunque migliaia di persone, soprattutto donne, sono scese in piazza e si sono dirette contro i luoghi ritenuti simbolo della responsabilità del dilagante fenomeno della violenza sulle donne: dalle questure, al Parlamento, alle residenze dei governatori locali.

Proprio sotto la casa del governatore di Delhi, Sheila Diksit, la protesta si è fatta più accesa e di fronte alla rabbia dei manifestanti la polizia è intervenuta con gli idranti per tentare di disperderli, mentre cercavano di abbattere le barriere poste a difesa dell’abitazione. Altre ancora hanno bloccato il traffico incatenandosi una all’altra in mezzo alla strada.


Tra i problemi e le cause della violenza denunciati ieri dalle strade del paese vi è stato l’aspetto giuridico: lo stupro figura tra i reati del codice penale indiano ma nella maggior parte dei casi chi commette violenza può contare su una quasi certa impunità. Molto spesso, infatti, i casi di stupro non vengono denunciati per via del pesantissimo giudizio sociale che ne consegue oppure è la polizia stessa che rifiuta di ricevere denunce di questo tipo. E anche quando le violenze vengono denunciate, sono pochi i casi che si risolvono poi con un’effettiva condanna e che non si perdono in anni di lunghe procedure giuridiche che finiscono per far accantonare i casi.

Ma è evidentemente miope (oppure strumentale) l’atteggiamento di chi ha sfruttato questo caso per invocare semplicemente pene più pesanti per gli stupratori: l’opposizione ha infatti attaccato il governo in carica, definendolo incapace di affrontare la situazione e arrivando ad invocare a gran voce la pena di morte per i colpevoli.

Quel che queste derive non considerano è che vi è innanzitutto un fortissimo fattore culturale e sociale che accetta e giustifica il fenomeno della violenza sulle donne; un fenomeno che, non a caso, è aumentato di molto negli ultimi 20 anni, mentre le donne hanno cominciato ad abbandonare lo spazio domestico per entrare sempre più in quello pubblico, dove però persiste in molti casi una cultura di subordinazione del genere femminile.

Le grandi proteste di ieri, portando il tema della violenza sulle donne direttamente nelle strade e indirizzandone le responsabilità contro diversi obiettivi, hanno costituito una presa di parola importante sulla questione, che, oltre a fare pressione sul governo, lascia presagire un cambiamento più generale.

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