A Domodossola la notizia dell’imminente chiusura del punto nascite locale ha subito scatenato forti reazioni tra la popolazione: se questo provvedimento venisse messo in atto, le donne si troverebbero costrette a partorire a Verbania, a 50 km di distanza.
Ma le future mamme (e non solo) non hanno perso tempo e da venerdì hanno occupato il Municipio di Domodossola, organizzando a piccoli gruppi i turni di notte e dichiarando di non aver intenzione di andarsene fino a quando non otterranno garanzie per poter far nascere i figli senza dover macinare decine di chilometri.
L’episodio locale si inserisce in un quadro ben più ampio di tagli alla sanità pubblica, che sta portando a riduzioni drastiche di personale e dunque alla diminuzione, se non alla sparizione, di molti servizi.
L’asl conferma la chiusura del punto e si affretta a specificare che si tratta di un disservizio temporaneo, ma in questi giorni alcuni camion hanno cominciato a portare via dai locali dell’ospedale gli arredi e le attrezzature, alimentando ulteriormente la rabbia delle donne, che non hanno intenzione di farsi prendere in giro.
Già nel 2002 ottomila persone erano scese nelle strade di Domodossola contro la chiusura dei reparti di ostetricia e ginecologia, costringendo la Regione a fare marcia indietro; proprio da quella mobilitazione erano nati il punto nascite ed un reparto di pediatria, entrambi attualmente a rischio di chiusura.
Di fronte al nuovo montare della protesta, l’ex sindaco e attuale consigliere regionale della Lega Nord, Michele Marinello, ha negato che vi sia intenzione di smantellare definitivamente il punto. Le donne di Domodossola non hanno esitato a riconoscere nel suo partito, e in particolare nel presidente della Regione Roberto Cota, la responsabilità dei tagli alla sanità e dunque di quanto sta accadendo all’ospedale San Biagio. Vale la pena ricordare che proprio Cota aveva fatto della “difesa della famiglia” uno dei cavalli di battaglia della propria campagna elettorale: viene da chiedersi come si possano conciliare politiche di questo tipo con le tante parole di cui lui e il suo partito si riempiono la bocca quando fanno le proprie battaglie in difesa della “vita”. Ma si sa che nella Lega Nord la coerenza non è di casa e che per Cota & co. le donne sono oggetto di attenzione solo quando si tratta di impedire loro di decidere autonomamente sui proprio corpi, mentre poco importa se poi, per tentare di scaricare i costi della crisi, si taglia indiscriminatamente sulla sanità pubblica, costringendo così le madri a fare 50 chilometri per partorire i nascituri che i leghisti, spalleggiati da gruppi cattolici integralisti, si affannano tanto a difendere nelle loro battaglie anti-abortiste.
Intanto, se da un lato c’è chi dichiara che la chiusura verrà portata a termine, i precedenti di mobilitazione della città e la determinazione delle donne fanno ben sperare per il futuro del punto nascite...!
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