Riportiamo l'intervista realizzata ai microfoni di Interferenze con una compagna che da qualche mese si trova in Argentina e che ci ha raccontato delle battaglie per la legalizzazione dell'aborto che da anni si danno su quel territorio.
In Argentina, infatti, all'oggi l'aborto è considerato illegale, e come tale perseguibile penalmente, con la sola eccezione per le donne che subiscono violenza sessuale.
Questo ha ovviamente molte ripercussioni sul piano sociale: le donne delle classi sociali più ricche possono infatti rivolgersi a cliniche private (che, dietro lauto compenso, praticano indisturbate interruzioni di gravidanza) ma la maggior parte delle donne è invece costretta ad affidarsi alla clandestinità.
Una strada, quella dell'aborto clandestino, che certo non è aliena da rischi e complicazioni: il metodo più usato è il ricorso ad un farmaco per l'ulcera, che viene però rilasciato con difficoltà e solo dietro ricetta medica e che è altrimenti rintracciabile sul mercato nero ma a prezzi molto più alti e poco accessibili.
L'uso del farmaco è inoltre rischioso e molti sono i casi di donne che arrivano in ospedale a causa di complicazioni varie; qui, però, molto spesso si scontrano con gruppi e medici antiabortisti che le insultano e fanno di tutto per rendere più dolorose e difficoltose le operazioni.
La battaglia per la legalizzazione si sta muovendo, da un lato, su un piano istituzionale: dal 2007 a oggi la richiesta di legalizzazione è stata già bocciata diverse volte ma gli ultimi sviluppi a livello legale fanno ben sperare per il futuro; dall'altro, diversi gruppi di donne si adoperano quotidianamente per fornire strumenti alternativi alle donne più in difficoltà, ad esempio con una linea telefonica di aiuto e opuscoli informativi.
Quel che è certo è che, al di là delle modifiche a livello legislativo, in Argentina come altrove, attorno alla questione dell'aborto si tratta di vincere una resistenza e di portare avanti una battaglia in primo luogo culturali.
Ascolta l'intervista con Lalli
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