Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

mercoledì 2 maggio 2012

Un primo maggio di lotta..non è uno slogan!


Ieri abbiamo vissuto una giornata eccezionale qui a Torino.
Il sindaco Fassino invece ha avuto una difficile primo Maggio, a partire da via Po fino al comizio finale in Piazza San Carlo, gli è stato impossibile muovere un passo senza che la sua presenza venisse duramente contestata da tutte quelle componenti che stanno subendo i tagli imposti dalla giunta comunale.


Dagli studenti alle giovani precarie, dalle maestre d'asilo agli operatori ed operatrici sociali, tutti hanno urlato 'vergogna' e fischiato questo sindaco e questa giunta che dovrebbe appunto vergognarsi ed andarsene da questa città, viste le politiche di austerity ed i significativi tagli al welfare che si accingono a fare (in questo Fassino è in buona compagnia grazie a Roberto Cota ed ai tagli alla sanità che lui stesso ha definito 'duri'), o che di fatto già praticano bloccando i pagamenti a tutto l'indotto di servizi appaltati ad aziende esterne.

Di seguito il volantino che abbiamo distribuito durante il corteo.
Perchè tutti i giorni siano un primo maggio di lotta!


         
                 Al fianco delle lavoratrici: per un 1 Maggio di lotta!

Quanto in questi mesi si sta muovendo intorno al mondo del lavoro, in particolare da un punto di vista di genere, è dato dall’intreccio di questioni ad esso legate. L’immagine della Fornero che piange si contrappone a quella delle lavoratrici dello stabilimento OMSA di Faenza, in lotta da mesi a causa della delocalizzazione dello stabilimento e dei conseguenti licenziamenti. E se nel primo caso, l’ipocrisia della scena inquadrata e ossessivamente riproposta dai media difficilmente cadrà nell’oblio, altrettanto ci auguriamo accada per le immagini delle lavoratrici di Faenza, per la loro storia di determinazione e lotta, per i loro vissuti, esemplari di una situazione, quella delle donne dentro la crisi, stretta fra la morsa di una condizione lavorativa sempre più instabile e di un lavoro domestico sempre più oneroso, a causa dello smantellamento del welfare e dei servizi.
Da questo punto di vista stiamo vivendo un momento storico eccezionale dal punto di vista dell’aggressività degli attacchi a welfare, diritti, reddito: le riforme che ci stanno propinando sono sempre più inaccettabili, sempre più bieche, sempre più sfacciate.
'Licenziamento per giusta causa', 'possibilità di reintegro' e 'pensione', sono gli unici temi a cui ruota il dibattito pubblico e tutti implicano una precedente estinzione del rapporto di lavoro; se questi sono i cardini della riforma, come non pensare che i licenziamenti fioccheranno, soprattutto se si svolge un'attività politica all'interno dei luoghi di lavoro, soprattutto se si è donne?
Se dovessimo dar retta alla Marcegaglia, alla Santanchè, o ad altre di queste rampanti imprenditrici in carriera ci sentiremmo rispondere che l'imprenditore/trice ha tutto l'interesse a 'mantenere' in azienda i lavoratori presenti perché ciò significa dar continuità al lavoro, sedimentare saperi ecc... ma sappiamo bene che la storia va diversamente, sappiamo che chi lotta per delle migliori condizioni lavorative, già con il sistema attuale ha spesso subito licenziamenti, nonostante il tanto decantato art.18. 
In questo quadro, la posizione delle donne, e dei lavoratori in generale, non può essere meramente difensiva: aggrapparsi all’art. 18 e alla salvaguardia dell’attuale stato di cose è una soluzione politica inattuabile quanto insoddisfacente. Il problema dell’accesso al reddito e della difesa dei posti di lavoro non può esimerci dalla critica della condizioni del lavoro salariato e del suo rapporto con il reddito nell’attuale fase del capitalismo finanziario. Ciò che rivendichiamo non è il misero ‘diritto’ a trascorrere 8 ore in un'azienda o appiccicate ad una scrivania ma di avere accesso ad un reddito dignitoso, ancor prima che ad un lavoro, e ad un futuro adeguato ai nostri bisogni ed ai nostri desideri.
In questo senso è inaccettabile che un sindaco come Fassino, che con la privatizzazione di molti servizi (asili in primis) aumenta la mole di lavoro domestico a carico delle donne, precludendone le possibilità di realizzazione esistenziale, pretenda di scendere in piazza nel giorno della festa dei lavoratori e delle lavoratrici.
Per questo siamo qui oggi: anche per contestare il sindaco e le sue politiche.
Le ricette bipartisan di uscita dalla crisi che passano sulle nostre vite le rispediamo al mittente!

Di seguito alcuni link ad articoli usciti fra ieri ed oggi:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/4608-tole-forze-dellordine-sfilano-al-1%C2%B0maggio?-chiedilo-a-fassino
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/05/01/quelli-che-lavorano-ovvero-picchiano-anche-il-1-maggio/

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